La remunerazione delle attività sanitarie

Il Mulino
Nicola Falcitelli e Tommaso Langiano
Copertina del Volume

L’art. 8 del D.Lgs. n. 502/1992, nell’affidare alla Usl la responsabilità della erogazione ai cittadini “delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio e ospedaliere contemplate dai livelli di assistenza”, precisava che le prestazioni medesime dovevano essere remunerate con la “corresponsione di un corrispettivo predeterminato con l’eccezione delle prestazioni rese dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta”. Le modifiche successivamente introdotte dal D.Lgs. 229/1999 regolano soltanto il sistema di finanziamento dell’attività ospedaliera e di quella ambulatoriale. L’art. 8-sexies del nuovo decreto delinea, per le suddette prestazioni, un sistema articolato su due modalità di remunerazione:
• remunerazione in base a tariffe predefinite, “limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”; “il ministro della Salute, con apposito decreto, individua i sistemi di classificazione che definiscono l’unità di produzione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali”;
• remunerazione delle funzioni assistenziali, secondo i criteri generali stabiliti con apposito decreto del ministro della Salute sulla base di standard organizzativi e di costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto, quando appropriato, del volume dell’attività svolta. Il presente volume riporta le analisi e le riflessioni condivise da un gruppo di lavoro appositamente costituito dalla Fondazione Smith Kline.

La ragione prima del gruppo di lavoro e, quindi, del presente volume coincide con i seguenti interrogativi: perché lo sviluppo di un sistema di pagamento prospettico, malgrado la citata previsione del D.Lgs. 502/92, ha riguardato soltanto le prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali e non tutte le altre prestazioni previste dai livelli essenziali di assistenza? L’eventuale applicazione del pagamento tariffario anche agli insiemi di prestazioni che adesso sono regolate con modalità diverse, e non sempre chiare, è tecnicamente realizzabile e potrebbe produrre dei reali benefici? Infatti, nel corso degli anni Novanta è stato introdotto e si è progressivamente consolidato il sistema di pagamento tariffario per le prestazioni ospedaliere e ambulatoriali. Resta, viceversa, sostanzialmente inesplorato il sistema di remunerazione delle attività assistenziali diverse dal ricovero e dalla specialistica ambulatoriale e, in particolare: 1. Attività di prevenzione collettiva: in quest’area molte attività sono state trasferite alle Arpa (e in numerosi casi tariffate) e molte attività sono rese a soggetti privati a pagamento (quindi, tariffate); rimane, in ogni caso, un’ampia area di prestazioni erogate dai dipartimenti di prevenzione da individuare, classificare e remunerare. 2. Attività di assistenza domiciliare integrata: sono stati fatti alcuni tentativi per definire le tipologie di assistenza e distinguerle a seconda del diverso carico assistenziale che comportano, nonché per ricostruire il loro costo medio di produzione; resta la ricerca di nuovi strumenti gestionali che assicurino l’appropriatezza degli interventi, la sostenibilità dei modelli, il gradimento dei cittadini, la qualità professionale e l’efficacia degli interventi. 3. Attività di assistenza territoriale ambulatoriale: (consultori familiari, servizi per tossicodipendenti, servizi psichiatrici, servizi di riabilitazione per disabili, centri diurni per anziani o per soggetti con Alzheimer, ecc.): laddove si è ritenuto necessario individuare modalità di remunerazione (ma sembra avvenuto raramente), sono state adottate (in modo improprio) le tariffe ricavate dal nomenclatore della specialistica ambulatoriale, tralasciando la circostanza che in questi servizi i trattamenti non si esauriscono nella singola prestazione ma si prolungano nel tempo e coinvolgono tipologie di operatori che non sono presi in considerazione dal Nomenclatore della specialistica; rimane, quindi, l’esigenza di individuare le prestazioni cosiddette “multiple” per superare la frammentarietà nella erogazione delle stesse che attualmente connota l’attività ambulatoriale. 4. Attività di assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale: (agli anziani, ai disabili, ai tossicodipendenti, ai pazienti psichiatrici, ai malati terminali, agli affetti da Hiv, ecc.): in tutte le regioni sono state individuate “rette” per giornata di permanenza nella struttura, ma è molto difficile capire quali specifiche prestazioni vengono remunerate. Il primo contributo del presente lavoro spiega l’origine dell’introduzione del sistema di “pagamento a prestazione” e individua il significato – anche politico – che ha assunto nel tempo attraverso le non poche “precisazioni” legislative di volta in volta intervenute. Il secondo contributo illustra in termini generali le opportunità e i rischi dei sistemi di pagamento prospettico e in particolare riporta una rassegna delle esperienze internazionali di introduzione del pagamento prospettico in setting assistenziali diversi dall’assistenza ospedaliera per acuti. I contributi successivi analizzano ciascuno gli specifici insiemi di prestazioni previste dai livelli essenziali di assistenza cercando di esplicitarne, pur nella notevole variabilità regionale, le attuali modalità di remunerazione e le possibili evoluzioni, sia in termini organizzativo-assistenziali, sia in termini di remunerazione. In conclusione, le riflessioni condivise nell’ambito del gruppo di lavoro e i conseguenti contributi che qui sono pubblicati hanno trovato soprattutto due concetti unificanti: 1. La consapevolezza che occorre superare una concezione meramente amministrativa dei livelli di assistenza, a favore di una concezione che privilegi la centralità dei percorsi di cura dei pazienti e la loro trasversalità. Per questo, i contributi specifici riportati in questo volume sono soprattutto orientati a perseguire i seguenti obiettivi:
a) definire o caratterizzare, per quanto possibile, le prestazioni erogate nell’ambito delle diverse attività/servizi;
b) costruire, per ciascuna attività/servizio, dei “profili di cura” standard graduati per tipologia di utente, o per tipologia del problema trattato ovvero per omogeneità di carico assistenziale. Alcuni potrebbero essere relativamente semplici (per es. monitoraggio della gravidanza fisiologica, trattamento riabilitativo del minore con disabilità motoria lieve, assistenza domiciliare dell’anziano con una specifica patologia cronica); altri sarebbero, ovviamente, molto più complicati;
c) ipotizzare (o tentare di misurare) per ciascun “profilo di cura” il costo di produzione sulla base dei fattori produttivi impiegati;
d) individuare quei “profili di cura” che possono coinvolgere diversi livelli di assistenza (per es. ospedaliero + territoriale) e valutare la possibilità di una valorizzazione complessiva.

2. È fortemente coerente con la valorizzazione della centralità del percorso di cura, il riferimento al concetto di “funzione assistenziale”, e alle relative modalità di remunerazione, di cui al citato art. 8-sexies del D.Lgs. 229/99.

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